1. Qual è il suo approccio e la sua filosofia nella cura dell’artrosi nella sua area di intervento?
L’artrosi deve essere affrontata a 360° tenendo conto dei diversi fattori che influenzano il paziente, il mio approccio col paziente è diretto e mirato alla comprensione della persona, del suo stato generale, della patologia e soprattutto delle sue aspettative al fine di individuare la migliore strategia terapeutica da intraprendere.
Ritengo che il rapporto di fiducia con il paziente sia fondamentale e per ottenere questo sia essenziale parlare in modo chiaro e comprensibile.
Il ventaglio terapeutico è ampio e la scelta deve essere adattata al singolo paziente e al singolo caso.
Mi avvalgo di un approccio multidisciplinare che partendo dall’utilizzo di integratori mirati, farmaci specifici, infiltrazioni articolari, fisioterapia, stimolazioni elettromagnetiche, passa per terapie chirurgiche artroscopiche con impiego di fattori di crescita, cellule staminali, trapianti cartilaginei, scaffold e biomateriali all’avanguardia per il trattamento delle patologie degenerative fino ad arrivare a tecniche chirurgiche di artroscopia, osteotomia e di protesi articolari.
2. Quando sono preferibili trattamenti mini invasivi e terapie volte al recupero delle articolazioni più che alla sostituzione?
In tutti i casi nei quali vi sia indicazione, i parametri sono dettati dalla stadiazione e dall’estensione della lesione ma anche dalla motivazione, dall’età, dal peso, dalle deviazioni assiali e dalle patologie concomitanti del paziente.
3. Quali sono questi trattamenti e quali le percentuali di successo della cura?
Nel caso di difetti cartilaginei focali vi é la possibilitá di abbinare alla classica procedura delle microfratture o microdrill una membrana (tecnica AMIC) che funga da scaffold tridimensionale alla colonizzazione cellulare e guidi la condrogenesi. Questi processi possono essere ulteriormente promossi abbinando dei concentrati cellulari quali piastrine o cellule mesenchimali prelevate dal midollo.
Per quanto riguarda invece l’artrosi in stadio precoce recenti studi hanno dimostrato l’efficacia dei trattamenti cellulari come stimolo per rallentare la progressione della degenerazione e la riduzione della sintomatologia.
Nella prima patologia essendo di origine traumatica se ci si attiene alle indicazioni del trattamento (pazienti normopeso, normoassiati, senza lesioni legamentose associate e <50 anni) le percentuali di successo solo sicuramente molto alte. Per quanto riguarda invece l’artrosi ci sono molte più variabili come il grado di degenerazione, la diffusione del difetto , concause di natura meccanica che rendono difficile la stima dei risultati, di sicuro sono terapie in grado di rallentare l’inevitabile processo degenerativo e allontanare l’eventuale intervento chirurgico.
4. Quando diventa necessario l’intervento chirurgico?
Quando le terapie conservative siano state inefficaci e laddove l’usura della cartilagine, deviazioni assiali o limitazioni dell’articolarità rendano inopportune o inutili le terapie conservative.
5. Quali sono le ultime innovazioni in campo chirurgico?
Le innovazioni riguardano l’applicazione di apparecchi di stimolazione elettromagnetica e il concetto di “rigenerazione tissutale” ovvero l’utilizzo di concentrati piastrinici, cellule mesenchimali, membrane biologiche condroinduttive per preservare il patrimonio cartilagineo.
I nuovi materiali con l’introduzione di protesi anallergiche e il miglioramento del disegno delle protesi uniti ad un costante e metodico perfezionamento delle tecniche chirurgiche garantiscono migliori prestazioni e risultati a lungo termine per le artroprotesi di ginocchio.